Mostra fotografica

Cuore della mostra sono gli scatti del fotografo Giorgio Avigdor (1932-2019).

La sequenza delle immagini è integrata da documenti, mappe o rilievi recenti, fotografie storiche di scenari scomparsi e testi illustrativi.

In apertura, alcuni pannelli di solo testo introducono storicamente il tema specifico della mostra.

Il primo, dedicato alla Diaspora, presenta i confini dell'Impero romano nella sua massima estensione e ripercorre gli eventi che determinarono la dispersione degli ebrei nei territori dell'Impero stesso.

Di seguito, alcuni pannelli schematizzano le vicende degli ebrei negli Stati sabaudi da Amedeo VIII (che emanò le prime norme organiche sulla popolazione ebraica) a Carlo Emanuele III che, nel 1730, attuò in tutto lo Stato l'obbligo del ghetto chiuso. Oggi non esiste più alcun ghetto conservato nella sua integrità; due pannelli illustrano quindi la tipologia del ghetto piemontese e le caratteristiche della sinagoga.

Un primo gruppo di fotografie rappresenta le località piemontesi in cui la sinagoga è, o era fino a pochi anni fa, rimasta nella collocazione che aveva durante il periodo del ghetto chiuso (Chieri, Carmagnola, Savigliano, Fossano, Cherasco, Mondovì, Saluzzo, Biella, Trino e Casale Monferrato). In questi casi vi sono immagini di interni di sinagoghe e, quando ciò è possibile, immagini di quello che rimane dei ghetti: interi edifici o particolari di elementi originari che servono ad illuminarci circa la realtà di quelle isole nella città, chiuse dal tramonto all'alba, dove per cortili o ballatoi, scale e passaggi, ogni abitazione era collegata alle altre e soprattutto alla sinagoga che, in periodo di segregazione, non doveva essere riconoscibile dall'esterno ed era situata, un po' per forza di cose e un po' volontariamente, in locali non facilmente accessibili dalla strada.

Tre pannelli di solo testo danno quindi schematicamente notizie sulle condizioni degli Ebrei nel periodo della dominazione francese (1796-1814), durante la Restaurazione e dopo l’Emancipazione.

Con l’Emancipazione le porte del ghetto furono abbattute, le sinagoghe ingrandite e adeguate allo spirito di integrazione e partecipazione alla vita della città. Vennero costruite nuove sinagoghe, edifici di grandi dimensioni, chiaramente individuabili dall’esterno, con ricche facciate sulle vie e piazze, che esteriorizzano e manifestano il nuovo status sociale del gruppo.

Anche l’allestimento interno è modificato: a quello tradizionale del Piemonte sei-settecentesco – Aron-ha-Qodesh alla parete di levante, Bimah (o Tevah) al centro e banchi disposti tutto attorno – subentra una disposizione longitudinale – leggio e Aron ad un'estremità della sala e, di fronte, i banchi disposti a file parallele.

 

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